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70 - Tapas

Tapas

2016 - Luglio
N° 70
Editoriale

Percorsi Yoga è arrivata al numero 70 ed ha compiuto i suoi primi sedici anni di vita (per inciso, bell’età, i sedici anni: secondo alcune tradizioni, gli dèi dell’india hanno sempre ed eternamente sedici anni). Tuttavia, in questo percorso che inizia a diventare lungo, sino ad ora non era mai stato pubblicato nulla su un argomento tanto importante e centrale come tapas. Non parlerei di dimenticanza o di trascuratezza. il punto è che, per dirla in maniera un po’aulica ma adeguata al contesto, lo yoga è un oceano che contiene enormi ricchezze. Per esplorarlo ci vuole tempo.

E il concetto di tapas, pur nella sua centralità (o forse proprio 4 per questo), è tutto fuorché semplice e immediato da cogliere. Basti pensare che solo negli Yogasūtra appare prima come una delle tre parti che compongono il kriyāyoga (II, 1) e poi come uno dei niyama (II, 32). Di sicuro si tratta di un concetto che affonda le proprie radici nell’india vedica, come ben documenta roberto calasso, e si intreccia con i temi caratteristici della nostra disciplina, primo fra tutti quello legato alla respirazione: al proposito si veda l’articolo di Lorenzo Martinelli e Marco Passavanti, che affrontano il tema dal punto di vista del Viniyoga, oppure la ricca intervista a gabriella cella o, ancora, la riflessione condotta da giuseppe goldoni seguendo la prospettiva di M.V. Bhole. Tapas attraversa tutta la vita dello yogin, come ci testimoniano le esperienze di Walter Ruta e Gaia Bergamaschi, e interessa particolarmente chi svolge attività didattica: l’insegnante, ci spiega aurelia Debenedetti, deve praticare un proprio tapas specifico.

Va da sé che nei vari orientamenti assunti dallo yoga, il concetto è andato definendosi in maniera diversificata, come ben evidenzia alessandro Manià nel confronto che conduce tra Yogasūtra e Śivasūtra. Luca Mori ci mostra poi, con garbo e ironia, alcuni aspetti in cui lo yoga è venuto declinandosi nel mondo contemporaneo.

Variamente tradotto come ardore, disciplina, sforzo, fervore che si spinge sino al gesto ascetico e alla mortificazione della carne, è sin dalle sue origini connesso ad agni, il dio del fuoco. Una immagine tarda, dell’undicesimo secolo, è quella fornita da Hemacandra (iV, 88-91): il tapas purifica gli esseri viventi come il fuoco purifica l’oro. Una immagine forte, “violenta”, che ben testimonia il lato ascetico e penitenziale del concetto. Tuttavia, qui vorrei sottolineare un altro aspetto, forse ancora più fondamentale e originario. come emerge dall’articolo di Giulia Moiraghi (in cui si legge di come, oltre a “darsi parecchio da fare”, per accendere un buon fuoco sia necessario “lasciare che il fuoco accada”), e troviamo anche nell’articolo di Alessandro Manià, in cui, oltre all’“abbandono dello sforzo volitivo” viene coniato l’apparente ossimoro “sforzo spontaneo”, tapas possiede una componente che rischia di rimanere nascosta dai più appariscenti aspetti di eroica ascesi.

Scriveva Walter O. Kaelber:

Tapas si riferisce al calore naturale, quale quello emesso dal sole o dal fuoco. si riferisce anche al calore naturale associato al concepimento biologico, alla ‘maturazione’ embrionale, e alla nascita. Quindi il calore del desiderio sessuale, il calore dell’eccitazione sessuale, e il calore generato durante il rapporto sessuale sono tutti resi dal sostantivo tapas. in un contesto analogo, anche il calore generato da una chioccia mentre ‘medita’ sul suo uovo, quel ‘calore della schiusa’ necessario per la nascita è reso attraverso il temine tapas. Tuttavia, tapas si riferisce anche al calore dell’ascetismo, al calore generato dall’ascesi, e quindi a un calore ‘non- naturale’ e volontario.”

Tapas originariamente è un “tepore”, è il calore amoroso di una chioccia che cova. È probabilmente per tornare a una nuova versione di quel tepore orginario, declinato con caratteristiche embriologiche e orientate alla (ri-)nascita, che lo yogin può sottoporsi ai rigori dell’ascesi. certamente, con la scelta dell’immagine della “cova”, che introduce nella serietà della vita ascetica una inattesa dimensione bucolica, i corruschi e corrucciati veggenti vedici sanno dar prova di un raffinato senso dell’umorismo.

Sommario

Tra il fare e il lasciare accadere
Giulia Moiraghi

Tapas e prayatna
Alessandro Manià

La pratica del grande sigillo
Marco Passavanti e Lorenzo Martinelli

Trasmutare l'affaticarsi in rinascita
Walter Tirak Ruta

Da "L'ardore"
Roberto Calasso

Tapas, energia fisica e spirituale
Gabriella Cella
a cura di Roberta Villa

Ardore e rigore: alcune parabole dello yoga contemporaneo
Luca Mori

Tapas, il giusto stress
Giuseppe Goldoni

Una esperienza di formazione
Gaia Bergamaschi

Nell'insegnamento
Aurelia Debenedetti

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