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80 - La didattica del prāṇāyāma

La didattica del prāṇāyāma

2021 - Luglio
N° 80
Editoriale

Cari colleghi, il respiro in ambito yoga e il prāṇāyāma sono stati trattati da Percorsi yoga in precedenti numeri. Il numero 8, del luglio-agosto 2001, era dedicato al respiro: Alessandro Manià vi forniva una ricca bibliografia, segnalando testi di anatomia e fisiologia respiratoria, testi sulle pratiche yogiche di respirazione preparatorie al prāṇāyāma, nonché testi sul prāṇāyāma, sia occidentali che classici. Nel numero 29, del gennaio-febbraio 2005, si affrontava il prāṇāyāma: tra gli importanti contributi di quel numero ricordiamo una Breve storia del prāṇāyāma a cura del professor Paolo Magnone e Prāṇāyāma come terapia, un’intervista al medico e maestro yoga Mukund Bhole, che ha dedicato la sua vita allo studio del respiro e del prāṇāyāma e che recentemente, con cordoglio di tutti noi, è mancato.
Ci teniamo a ricordare questi due numeri invitando, chi non avesse avuto occasione di leggerli, di consultarli perché contengono importanti contributi e sono una ottima base per addentrarsi nel non facile tema del prāṇāyāma.

Questo numero intende guardare invece al prāṇāyāma da una ottica precisa, quella dell’insegnamento, e ne esplora la didattica.

Inizia con il contributo di Marco Passavanti, che offre un veloce excursus sulla dottrina del respiro nell’India antica e i suoi sviluppi nello yoga moderno, partendo dal significato attribuito alla parola prāṇa, “respiro” per i testi antichi e la filologia, “energia vitale” nell’interpretazione emersa nell’Ottocento. Alessandro Onesti, in La didattica del prāṇāyāma nell’haṭha yoga, ritiene che la migliore didattica sia quella deducibile dai principali testi di riferimento dell’haṭha yoga – Haṭhayoga Pradīpikā, Gheraṇḍa Saṃhitā e Śiva Saṃhitā – e ricorda che il prāṇāyāma descritto negli Yogasūtra di Patañjali non è lo stesso di quello descritto nei testi di haṭha yoga poiché le finalità sono differenti. Negli Yogasūtra si usa la respirazione per favorire l’interiorizzazione mentre nei testi di haṭha yoga la respirazione è intesa come “strumento” per ampliare e migliorare la circolazione del prāṇa. Alessandro Manià, in L’apertura alla grazia nell’ascolto del respiro, appoggiandosi soprattutto sulla lettura dello Śivasūtra, propone una breve riflessione sulle pratiche basate sul respiro nel contesto del tantra non duale, mostrandone la differenza rispetto l’approccio di Patañjali. Superando la via volitiva dello sforzo individuale l’accento cade sulla sensorialità, l’attenzione e l’abbandono di ogni intenzionalità per facilitare l’accesso allo stato di grazia.

Stefano Pellò ci inoltra, regalandoci traduzioni inedite, in un campo ai più sconosciuto, raccontando come la tradizione testuale indo- persiana (erroneamente percepita dall’orientalismo europeo come essenzialmente “musulmana”) contenga una sorprendente quantità di materiale relativo a quello che in persiano viene chiamato ‘ilm-i dam o, talora, ‘ilm-i nafas, la “scienza del respiro”. Il suo articolato contributo apre un primo varco verso la poesia intesa come “meditazione poetica”, come espressione del respiro, sostanza materiale delle parole e dunque spirito (ruh) vitale del discorso che riflette.

Emina Cevro Vukovic in La scienza interroga i saperi tradizionali evidenzia, riguardo gli effetti del prāṇāyāma, alcune “coincidenze” tra quanto afferma la tradizione yogica e quanto afferma la ricerca scientifica, grazie anche all’intervista a Mike Maric, medico, campione di apnea, coach del respiro e autore di libri sull’argomento. Emergono conferme sempre più importanti della validità e utilità di alcuni prāṇāyāma.

Anna Jannello ha intervistato Patrick Tomatis, presidente del Syndicat National des Professeurs de Yoga e segretario della Fédération Nationale des Enseignants de Yoga a Parigi, che era già intervenuto nel numero del 2005. In questa seconda intervista sottolinea come il prāṇāyāma sia soprattutto un aprirsi alla percezione del soffio vitale, prāṇa, uscendo in qualche modo dal semplice fatto di limitarsi all’atto respiratorio. Esiste quindi qualcosa di più essenziale del respiro ed è il soffio vitale “che mi abita, mi anima, vive in me costantemente”.

Segue la sezione espressamente dedicata alla didattica. Abbiamo posto a insegnanti appartenenti a diverse scuole/tradizioni yoga queste sei domande:
• Se e quali prāṇāyāma insegnate? 

• Quale progressione seguite nell’insegnamento? 

• Avete sviluppato delle sequenze di āsana o mudrā specifiche per 
preparare specifici prāṇāyāma? 

• Quali indicazioni date nella pratica? 

• Usate delle visualizzazioni o dei suggerimenti sul percepito? 

• Quali precauzioni applicate nell’insegnamento?

Giuseppe Goldoni, in L’ABC del prāṇāyāma, puntualizza l’importanza di riferirsi a concetti ben enunciati e concreti da collocare in una precisa tradizione e trova che l’incertezza sulle tecniche e sul significato dei termini sanscriti freni molti insegnanti nel proporre il prāṇāyāma. Nell’articolo enuncia i primi passi che lui adotta nell’insegnamento conforme alla metodica della scuola Anubhava.

Stefania Redini, in Una corporeità “slegata”, racconta come grazie alle varie formazioni che ha seguito sia entrata in contatto con diversi modi di intendere e insegnare il prāṇāyāma giungendo alla considerazione che quello “tecnico”, molto preciso nelle sue codificazioni, non è per tutti. Oggi per lei quello che conta nell’insegnamento è aiutare gli allievi a percepire uno spazio dove si possano mettere ali, dove il respiro sia come una onda che fluisce da sé e sia esplorazione di sensazioni tattili.

Gianfranco Del Moro in Aspetti essenziali del prāṇāyāma nel Viniyoga illustra nel dettaglio i prāṇāyāma usati nella sua scuola mettendo l’accento sulle necessarie prudenze nell’insegnamento. Soprattutto cautela nelle fasi di ritenzione che possono provocare, se introdotte forzatamente, alterazione dell’umore, dall’euforia alla tristezza.

Aurelia Debenedetti ci accompagna all’incontro col prāṇāyāma secondo l’insegnamento di Sri Acharya T.K. Sribhashyam, riportando alcune pratiche specifiche con le loro funzioni ed effetti, come illustrate dal maestro, oltre a essenziali elementi di didattica caratteristici della scuola. Il prāṇāyāma – ci dice – è successivo alla necessaria conquista della respirazione consapevole, si propone perciò in una fase avanzata. Va sottolineata la differenza tra l’insegnamento nei corsi e quello possibile in seminari mirati o in percorsi individuali, rivolti a un pubblico diversamente motivato e preparato a fare esperienza dei propri aspetti sottili.

Paola Faini condivide, attraverso la sua lunga esperienza personale, la puntuale visione del prāṇāyāma come insegnato nella tradizione dell’Integral Yoga. Secondo questa scuola esso è parte integrante di una pratica più ampia e non può essere isolato in una mera sequenza di tecniche respiratorie poiché se ne diminuirebbero l’efficacia e i benefici sul piano fisico, mentale e spirituale. Sul piano della didattica ritiene sia molto importante avvicinarsi alle tecniche del prāṇāyāma con estremo rispetto, progressione e sotto il controllo di un insegnante esperto per evitare ogni possibile effetto indesiderato che possa mettere a rischio la salute.

Per Chiara Travisi durante il prāṇāyāma, indipendentemente dalla tecnica che si approccia, il leitmotiv dovrebbe essere la morbidezza di tutti i tessuti. Serve dunque partire da āsana, anche perché nell’approcciare troppo presto il prāṇāyāma è facile illudersi di essere in una condizione di prossimità alla meditazione quando invece si è magari scivolati in un torpore senza chiarezza, in uno stato illusorio. La chiarezza e la lucidità mentale da mantenere nel prāṇāyāma, secondo l’insegnamento del suo maestro, K.S. Iyengar, propedeutiche ai vari gradi di assorbimento (samyama: dhāranā, dhyāna, samādhi), si imparano senza rischi nella pratica degli āsana e diventano traguardi tangibili, stabili e concreti.


Sommario

La dottrina del respiro dall’India antica allo yoga moderno
Marco Passavanti

La didattica del prānāyāma nell’hatha yoga
Alessandro Onesti

L’apertura alla grazia nell’ascolto del respiro
Alessandro Manià

La “scienza del respiro” indo-persiana
Stefano Pellò

La scienza interroga i saperi tradizionali
Mike Maric
Intervista a cura di Emina Cevro Vukovic

Accogliere il soffio vitale
Patrick Tomatis
Intervista a cura di Anna Jannello

L’ABC del prānāyāma
Giuseppe Goldoni

Una corporeità “slegata”
Stefania Redini

Aspetti essenziali del prānāyāma nel Viniyoga
Gianfranco Del Moro

Cenni sul prānāyāma, soglia della via interna
Aurelia Debenedetti

La tradizione Integral Yoga
Paola Faini

Il governo del respiro: giusti tempi, giusti effetti
Chiara Travisi


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