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81 - Mudrā

Mudrā

2022 - Gennaio
N° 81
Editoriale

Cari colleghi, probabilmente tutti noi usiamo añjali mudrā o cin mudrā a inizio lezione per concentrarci e disporci all’ascolto interiore, gesti di una sapienza antica, estremamente complessa che in questo numero abbiamo affrontato cercando, prima di tutto, di inquadrare le mudrā dal punto di vista storico/culturale. Compito non facile in quanto il termine ha assunto nei secoli significati e usi diversi, facendo parte del linguaggio del rito religioso, della danza, dello yoga, della medicina tradizionale e, in India, perfino di partiti politici che si contraddistinguono per specifiche mudrā.

Perciò siamo particolarmente felici e grati del contributo che ci ha offerto Maria Angelillo che trovate in apertura della rivista. Indologa, ricercatrice della cultura indiana, docente, già autrice di Il libro delle mudra, nel dettagliato articolo pensato espressamente per Percorsi Yoga, Angelillo riporta la semantica del termine nei vari domini e i riferimenti testuali storici che riguardano l’ambito yogico.

Segue l’articolo di André Padoux, emerito studioso e autore di più libri sul tantrismo, che precisa il ruolo delle mudrā nello śivaismo tantrico, con particolare attenzione alle scuole del Kashmir. In questo ambito, nella partecipazione del tāntrika a una operazione rituale o spirituale, le mudrā trasmettono, racchiudono, custodiscono e provocano l’azione di forze invisibili, in una prospettiva trascendente. Dunque, le mudrā tantriche sono non solo la visualizzazione gestuale del mantra recitato durante il rito tantrico, non solo la rappresentazione della divinità invocata, non solo il corollario del rito interiore ma sono altresì “la presenza” stessa della divinità invocata. Il testo, che abbiamo tradotto per gentile concessione della Revue Française de Yoga, è ricco di riferimenti ai testi tantrici e costituisce una guida per chi volesse approfondire l’argomento.

Dafne Rusam Carli ci sposta nel campo della danza tradizionale indiana, dove i gesti delle mani sanno narrare storie sacre. Nel suo contributo trovate una bibliografia di riferimento ed esempi di codifica della gestualità in ambito coreutico. È ben nota l’importanza delle mudrā in tutti gli stili della danza classica indiana e l’autrice, che è anche insegnante yoga, trae proprio dalla sua esperienza di danzatrice gli elementi utili a illustrare ed esemplificare il funzionamento dell’“alfabeto gestuale” delle mani, come strumento di comunicazione e di trasmissione dell’energia sprigionata, per loro tramite, nella danza.

Dalla tradizione si passa a un approccio scientifico con l’articolo di Paola Borroni, che ci orienta nella comprensione delle connessioni tra linguaggio e gestualità della mano in termini di programmazione motoria e di organizzazione funzionale del movimento. Il suo contributo mette in evidenza, a partire da cenni sull’evoluzione della specie, la particolarità della mano nel quadro della relazione tra il sistema nervoso e quello muscolare, rispettivamente deputati a programmazione ed esecuzione dei movimenti. Ci spiega come una linea diretta di controllo corticale dei muscoli della mano permetta al cervello di programmare e padroneggiare movimenti molto complessi, tanto da poter giungere ad esprimere efficacemente contenuti interiori come nel caso delle mudrā.

Facendo un piccolo inciso, condividiamo che nelle riunioni di programmazione della rivista ci siamo fermati a constatare come molti libri contemporanei parlino del potere “terapeutico” delle mudrā, una visione molto interessante, che ha riferimenti nella tradizione ma ancora con poco riscontro nella sperimentazione scientifica. Ci siamo perciò ripromessi di affrontare questo aspetto, che merita un approfondimento, in un’altra occasione. In questo numero trovate però il contributo di Mauro Rossi sulla tradizione taoista. Questa, basandosi sulla medicina tradizionale cinese e sulla teoria molto sperimentata dei meridiani, fornisce delle interessanti chiavi interpretative dell’effetto terapeutico dei movimenti delle mani.

Seguono i contributi di nostri colleghi che usano le mudrā nelle loro lezioni, in vario modo e con varie motivazioni e risultati. è sempre molto interessante vedere al lato pratico l’applicazione delle tecniche yoga nell’insegnamento e sicuramente questi testi sono una fonte di ispirazione e di sapere.
Silvio Bernelli approfondisce ṣaṇmukhī mudrā, che è anche una tecnica di pratyāhāra, accompagnandola con una precisa sequenza di prāṇāyāma e trova nella sottigliezza dei suoi effetti una chiave per entrare in contatto con la parte più intima del sé.
Alessandra Cocchi, partendo dalla tradizione dell’Integral Yoga, propone le mudrā come uno degli strumenti messi a disposizione dall’insegnante con l’intento non di gestire l’esperienza del praticante ma piuttosto di facilitare un’esplorazione autonoma e rispettosa dei suoi spazi fisici e mentali.
Leone D’Alessandro illustra una bella sequenza di mudrā, con cui spesso conclude le sue lezioni, che fanno riferimento all’insegnamento simbolico di Gabriella Cella.
L’insegnamento sofisticato e sottile di una singola mudrā ricorre anche nell’intervento di Eleonora Fiorini. Kara-nyāsa, indicata da T.K.V. Desikachar, si rivela come un gesto di grande interesse per la propria ricerca personale e per la meditazione.
Cristina Mascherpa, infine, condivide con entusiasmo la pratica delle sei mudrā del Buddha, con indicazioni e suggerimenti puntuali per inserirle efficacemente nelle lezioni.


Sommario

Uno sguardo introduttivo
Maria Angelillo

Le mudrā dello śivaismo tantrico
André Padoux

Il linguaggio delle mani nella danza indiana
Dafne Rusam Carli

Controllo motorio e destrezza manuale
Paola Borroni

Le mani snodi di energia
Mauro Rossi

Da s. an. mukhī mudrā alla città delle nove porte
Silvio Bernelli

L’intelligenza del sottile
Alessandra Cocchi

L’immagine tra le dita
Leone D’Alessandro

Kara-nyāsa
Eleonora Fiorini

Mudrā, l’insegnamento silenzioso
Cristina Mascherpa


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