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83 - Saṃtoṣa

Saṃtoṣa

2023 - Gennaio
N° 83
Editoriale

Cari colleghi, è stato appassionante lavorare a questo numero. Su saṃtoṣa si trova poca letteratura occidentale, scarsi riferimenti, come fosse in qualche modo un niyama sfuggente, difficile da definire. Questo ci ha portato ad apprezzare con particolare gratitudine i contributi che sono giunti a chiarire questa importante tappa del cammino yoga. Troverete varie sfumature interpretative, interessanti. Come è nella tradizione della rivista siamo felici di accogliere pareri diversi che in questo caso ci portano a interrogarci in prima persona su come perseguire la promessa, non banale, di questo niyama: la felicità suprema.

Rossella Baroncini, insegnante yoga, nel contributo Come fare spazio alla gioia, partendo dalla traduzione di saṃtoṣa come appagamento, cita il Pātañjalayogaśāstra (2.42) – «Dall’appagamento si ottiene una felicità suprema» – e invita a verificare questo sūtra partendo dal corpo. Riflettere su saṃtoṣa, scrive, insegna come avvicinarsi al corpo accettandolo così com’è, con gratitudine e cautela, rispettandone le possibilità. L’accoglienza gentile dei messaggi corporei e delle emozioni procura appagamento, la sensazione di stare bene, di aver bisogno di poco per essere felici. Il desiderare, che può perturbare la pace della mente, e dunque l’appagamento, non va represso quanto investigato con distacco grazie alla pratica che diventa etica di vita, rispetto di sé e dell’ambiente.

Luca Mori, filosofo, autore e docente al Master in Yoga Studies, in Appagamento. Un breve sguardo al pensiero occidentale, sottolineando l’etimologia di niyama, ricorda che saṃtoṣa rientra nelle modalità del controllo o del governo (radice yam) in profondità (ni-) e sul suo testo indaga cosa dev’essere controllato, governato, contenuto. In termini molto generali, scrive, vanno controllate le spinte acquisitive, gli appetiti e i desideri che contribuiscono ad alimentare la cinetica psichica generando inquietudine. Un’esigenza espressa frequentemente anche nei classici della “filosofia dell’esercizio” del pensiero occidentale che il suo testo esplora, considerando soprattutto le posizioni attribuibili a Socrate ed Epitteto.

Il padre barnabita Antonio Gentili, autore e insegnante di meditazione cristiana, in Quell’essere contenti di accontentarsi ricorda che l’uomo è, normalmente, un fascio di desideri non disciplinati che impediscono l’appagamento e invita a un esame di coscienza: siamo schiavi del culto del superfluo, di desideri fittizi, del volere tutto subito?

Per Gioia Lussana, insegnante yoga, autrice e ricercatrice nell’ambito dello yoga kaśmīro, possiamo incontrare saṃtoṣa in Leopardi quando descrive «l’odorata ginestra, contenta dei deserti», umile fiore luminoso che si accontenta di crescere sulle pendici del Vesuvio, su una terra arida di lava pietrificata. Vede saṃtoṣa come una smisurata contentezza che basta a se stessa e non chiede di più, una beatitudine senza pretese. Tuttavia, in Dalla contentezza alla felicità smisurata. Lo yoga della gioia scrive: “«…quando l’India si scopre tantrica, come per la metamorfosi di un bruco in farfalla, saṃtoṣa mette per così dire le ali, aprendosi a una dimensione ontologica e cosmologica, divenendo ānanda», una felicità spalancata, che si nutre di meraviglia e che per il tantrismo hindu è la matrice dell’esistenza.

Emina Cevro Vukovic, insegnante yoga e scrittrice, in Nella chiara luce della presenza mentale offre una breve carrellata di testi letterari e spirituali che rimandano a saṃtoṣa che lei interpreta come uno stato di presenza, pienezza, autenticità e apertura. Si sofferma sul poeta e monaco zen Ryōkan Taigu e sul mistico tibetano Jetsun Milarepa quali autori che con la loro scrittura comunicano felicemente una appagata e consapevole apertura al mondo-vita.

Silvio Bernelli in Sul confine tra saṃtoṣa e tapas ci guida alla scoperta dell’equilibrio esistente tra questi due famosi niyama codificati dal grande maestro Patañjali. Muovendosi sulla linea che divide saṃtoṣa e tapas si può, nel corso di una lezione, sviluppare una pratica haṭha capace di depotenziare i bastioni dell’ego di tutte le persone in sala, insegnanti compresi.

Marta Belforte, insegnante yoga, in Liberi dal disagio: pratica di avvicinamento alla gioia presenta un percorso pratico in otto āsana volto a preparare lo stato meditativo. La sequenza di posture e la proposta di osservazione continuativa del respiro sono abbinati in modo da permettere al praticante di “attraversare” in fase propedeutica le proprie difficoltà e approdare a una condizione nella quale ogni moto attrattivo o repulsivo lascia posto alla pacificazione.

I due articoli successivi illustrano delle sequenze tese a far emergere saṃtoṣa attraverso la pratica. Lucia Vimercati, insegnante yoga e blogger, in Trovare la propria pienezza nel Restorative yoga spiega come diminuendo gli stimoli sensoriali si rallenti l’attività mentale. Un reboot del sistema nervoso che consente di modificare la percezione della realtà, rigenerando il praticante e rendendolo man mano più compassionevole ed equanime, anche verso se stesso, fino a sperimentare un senso di appagamento e gratitudine non per qualcosa di particolare, ma per la pienezza del Sé. Luca Piovella, insegnante yoga, in Essere contenti: oltre il silenzio mentale osserva che non ci possiamo imporre mentalmente di essere nella contentezza e nell’accogliere tutto ciò che la vita ha previsto per noi ma piuttosto lasciare che la pratica cancelli illusioni e delusioni, liberandoci dalla sofferenza e rendendoci contenti di ciò che realmente esiste nel presente. Propone una sequenza di āsana che, al di là del benessere fisico, possa favorire l’arresto delle fluttuazioni della mente e portare, anche solo per pochi istanti, a saṃtoṣa.

Conclude questo numero della rivista un breve saggio di Federico Squarcini, un ragionato e innovativo approfondimento su saṃtoṣa comprensivo di traduzioni originali dal sanscrito di alcuni dei testi citati. Vi emergono, documentati da riferimenti che spaziano da Esopo a Patañjali, le ambiguità e i rischi del sottile confine tra soddisfazione e (auto)compiacimento. La sua riflessione inquadra saṃtoṣa nel panorama delle regole di buona condotta incentrate sull’autocontrollo (o sul controllo tout court) e propone la lettura di Yogasūtra come strumento di emancipazione dalle opposte spinte a volere di più/a volersi già appagati.


Sommario

Appagamento: come fare spazio alla gioia
Rossella Baroncini

Appagamento. Un breve sguardo al pensiero occidentale
Luca Mori

Quell’essere contenti di accontentarsi
Padre Antonio Gentili

Dalla contentezza alla felicità smisurata. Lo yoga della gioia
Gioia Lussana

Nella chiara luce della presenza mentale
Emina Cevro Vukovic

Liberi dal disagio: pratica di avvicinamento alla gioia
Marta Belforte

Sul confine tra samtosa e tapas
Silvio Bernelli

Trovare la propria pienezza nel Restorative yoga
Lucia Vimercati

Essere contenti: oltre il silenzio mentale
Luca Piovella

Agi e disgrazie del ‘cane ghiotto’. Parole e metodi contro l’autoerotismo del ‘compiacimento’ (saṃtoṣa)
Federico Squarcini

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